11 febbraio 2013

Riflessioni su Vita di Pi

Settimana scorsa sono andato da solo a vedere "Vita di Pi". Se non l'avete visto, ma vorreste farlo qui c'è un mega spoiler, quindi alla larga! Se non l'avete visto e non intendete vederlo...veramente vi interessa leggere?
Se invece l'avete visto...possiamo andare avanti ;)

Premettendo che il film mi è piaciuto moltissimo, indubbiamente c'è un passaggio che mi è rimasto incollato addosso e mi ha navigato nel cervello, galleggiando nei pensieri consapevoli e immergendosi in zone inconsce: l'isola cannibale.

Essendo il film un racconto fantastico e metaforico, ogni cosa del film è metafora.
L'isola cannibale non fa eccezione, anzi è un elemento troppo estraneo alla verosimiglianza da essere l'unico elemento "screditante" della lettura non metaforica.
Fra gli elementi importanti è anche l'unico di cui non viene svelato esplicitamente il "ruolo". Il motivo a mio parere è che non è metafora di un luogo o di un fatto fisico, ma di un luogo dell'anima (e a mio avviso fulcro del significato del film).

Si tratta della nostra "isola sicura" in cui ci rifug(g)iamo distaccandoci dal mondo. Il nostro luogo dove la tempesta non può arrivare. Dove il nostro spirito si rifocilla. Dove il dolore non esiste e il "brutto" è sconosciuto.
Si tratta del distacco dal mondo che usiamo per sopravvivere in mezzo alle tempeste della vita. E maggiore è la tempesta, più bella è questa isolachenoncè.

Mi rendo conto che sto parlando di una metafora con una metafora, oltretutto usando lo stesso linguaggio di quella originale, ma è il modo più esplicito e completo per parlarne.

La tentazione di rimanere sull'isola è grossa. Immensa. Solo la consapevolezza che ritirarsi dal mondo reale significa morire interiormente (e per Pi anche esteriormente) porta il personaggio ad andarsene.
Non ne è la consapevolezza, ma la paura, il vero motore, ma questo è un aspetto ulteriore da esplorare....un'altra volta.

Un fatto che trovo molto significativo è che Richard Parker salga sull'isola per sfamarsi ma non voglia restarci a dormire. Una significato nel significato, su come la nostra parte più bestiale rifiuti questi luoghi artificiosi della mente. Magari li usa (mangia), ma non riesce a trovarsi a proprio agio (torna a dormire sulla barca, pur soffrendo il mal di mare).

Visto che il film è un film dichiaratamente sulla religione (è la storia di come Pi ha incontrato Dio) non sono riuscito a non fare un salto concettuale forse azzardato e mi è venuta in mente la tentazione di Cristo nel deserto. Anche lì c'era la fame, anche lì l'isolamento. Anche lì una proposta allettante, diabolica nella sua essenza: abbandonare (perdere) se stessi, in cambio di una soluzione immediata ma snaturante e "meschina" del disagio.
La prima e la terza tentazione, in particolare, mi ricordano il contesto del film. Pi cede inizialmente, ma poi rifiuta.
Quelle tentazioni non sono la risoluzione dell'esigenza dell'uomo, ma la risposta a una domanda momentanea.

Astraendo abbastanza non riesco a non vedere in quel passaggio lo sprone a non accontentarsi di una soluzione temporanea che non risolve nulla.
Non vivere nell'agio di una menzogna che conosciamo come tale (Richard Parker non ci casca), ma ci illudiamo essere vera (Pi non si accorge di nulla sin quando non trova i segni espliciti del pericolo incombente).
A non lasciarsi ingannare dal miraggio.
A non ritirarsi dal mondo, ma raccogliere le forze, in qualunque luogo si riescano a trovare e ricominciare il viaggio.
E la lotta per sopravvivere.

La storia con la tigre è piaciuta più all'uomo. Ed è piaciuta di più a Dio, dice Pi.
La dolce bugia piace di più della cruda verità.
Suo padre all'inizio dice qualcosa che sembra circa "La fede è il buio della ragione", se non mi inganno.
L'isola è irrazionale, inverosimile, sovrannaturale.
L'isola è il buio dell'uomo e della sua ragione (e infatti gli armatori giapponesi non riescono a crederci), in cui rifugiarsi nella disperazione (e forse emerge la forte ambivalenza della sua positività come rifugio e negatività come trappola), da cui distaccarsi per tornare a vivere.
L'isola è divina.
L'isola è "il divino"?
Lettura nella lettura.
Forse eccessiva?

PS: ora vado a leggermi qualcosa sul film, che sino ad ora non ho fatto per non imbrigliare il pensiero e mi è venuta una voglia infinita di leggerne il libro!


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