8 aprile 2010

Uno sfogo tecnologico

Ultimamente sono in cerca di lavoro. Questa condizione, che non mi era più relamente capitata dal 2005, credo, mi ha aperto gli occhi in modo disarmante su una situazione che già conoscevo, già soffrivo, già esponevo, eppure mi restava, nella sua dimensione globale a livello inconscio.
L'Italia è informaticamente un paese retrogrado.
Non sto parlando della scarsa alfabetizzazione informatica o del fatto che un numero immenso di persone ha competenze ridotte e poche interazioni con l'informatica, lato utente.
Sto parlando dell'altro lato della barricata, il lato degli sviluppatori, delle società che si occupano in modo diretto o indiretto di software e di quelle che hanno immensi reparti IT gestiti dalla solita mandria mista di interni e consulenti.

L'Italia è un paese conservatore. Questo, in apparente contrasto con una buona vocazione artistica e creativa, è un fatto noto e, in generale, innegabile. In alcuni casi essere conservatori paga, in altri no. Come sempre anche le doti, portate a dogmi di vita, finiscono per diventare vizi.

Parecchi anni fa ho intrapreso la strada che mi ha portato a conoscere Python, un linguaggio di programmazione come tanti, uno dei più diffusi al mondo, non nell'olimpo della diffusione, ma distintamente sopra il marasma di tecnologie che bollono nel pentolone di alcuni smanettoni per poi evaporare senza aver lasciato il segno.
Un annetto fa lo mettevo orgogliosamente in cima alle mie competenze parlando con vecchie conoscenze in una rinomata società di consulenza. Mi hanno tutti chiesto cosa fosse.
Un amico lavora oltre confine in Ruby. Decisamente meno diffuso in generale, ma con una forte presenza in ambito web grazie al successo in una epoca storica decisiva del suo framework Ruby On Rails.
Sono potenzialmente i linguaggi del futuro, pur venendo da un passato non poi così vicino attraverso la lunga strada verso la maturità. L'ha capito Google, lo sospetta Microsoft, c'ha scommesso Nokia, se lo chiede l'elite dei guru del mondo Java.

Oggi ho fatto la prova di usare Monster, sito ormai quasi universale, per un piccolo esperimento:
ricerca di lavoro con parola chiave Python.
Italia : 11 risultati
Svezia: 30 risultati
Polonia: 11 risultati
Germania: 89 risultati
UK: 127 risultati

Altra prova, simile, ma con Ruby:
Italia : 10 risultati
Svezia: 18 risultati
Polonia: 1 risultati
Germania: 45 risultati
UK: 56 risultati

Cioè è giusta la percezione che Python è generalmente più diffuso di ruby ma in europa l'Italia pareggia con la Polonia su Python, mentre la sconfigge su Ruby. Il punto è che la Polonia è il classico paese emergente che deve convertire la sua economia, i nostri concorrenti dovrebbero essere germania e UK (non ho considerato la francia, ma credo i dati non si scosterebbero più di tanto). Ci distanziano entrambi di svariate lunghezze. E che dire della Svezia? Fa meno abitanti della lombardia ma ci tiene testa!

Ho provato a fare la ricerca anche con Java, usando J2EE come parola chiave, tanto per vedere cosa ne usciva.
Italia 161
Svezia 43
Polonia 36
Germania 397
Regno unito 196.

Cioè il mercato per gli sviluppatori in Italia offre effettivamente meno spazio che in altri paesi, ma sulle tecnologie comprovate che ogni buon conservatore sceglierebbe in ambiti mission critical, i numeri si avvicinano molto di più ai rapporti di popolazione e a quelli presunti di mercato.

Oggi parlavo di cloud computing. Nel mondo l'argomento spumeggia, in Italia molti addetti ai lavori l'hanno sentito ma storcono il naso, e 6 mesi fa ti guardavano come se stessero vedendo un marziano con le antenne.

Sono scoraggiato. Ho come l'impressione che se potessero, molti dirigenti farebbero usare ancora la macchina da scrivere per scrivere documenti.
Vita dura per chi come me ama sperimentare nuove soluzioni.

2 commenti:

  1. Buongiorno buongiorno, inizio il mio commento rispolverando dalla memoria un anedotto (del quale parlammo di persona) anni fa:
    ero appena arrivato nel mio ultimo ufficio italiano ed usciva in quel periodo una major release di internet explorer (non ricordo il numero... 6, 7 boh?). Ogni commento a riguardo e' marginale, ma alla macchinetta del caffe' ricordo due mezzi capetti di gruppo discutere e ridere compiaciuti sul fatto che entrambi non avrebbero installato il nuovo browser preferendo continuare ad usare (la concorrenza magari?) internet explorer X-1+patch.
    Mi parve logico il ragionamento sull'(in)affidabilita' storica della prima versione di un prodotto micro$oft, lo sconforto nasceva dal fatto che dai due mezzi capetti in questione mi serei aspettato che conoscessero gia' pregi e difetti del nuovo arrivato avendolo usato per sei mesi in RC - mi sarei aspettato magari proprio da loro, responsabili di mezzi gruppi, indicazioni per i gruppi stessi su cosa fare.
    Volendo generalizzare, l'esempio calza perfettamente al modello ita (nel professionale come nel sociale, civico, culturale politico): internet explorer X-1+patch e' un poco come il PDL (ex DC e centri assortiti), una scelta indegna e minimamente funzionale, facile e insipida come una zuppina di semolino per menti semplici: e' li', lo uso, poi mi arrangio. Usare altro? E ma e' da installare, da configurare, da ... IMPARARE!

    Stessa cosa per Java, C, Python o Ruby...

    Bisognerebbe saper distinguere tra una scelta conservativa ponderata (su tutti i pc aziendali usiamo ancora XP, ma abbiamo il doppio di macchine in win 7 RC, ufficiosamente ufficiali da almeno 18 mesi, per non parlare degli altri SO) ed una scelta di conservazione imponderata e pigra... una scelta di comodo.

    Mi fermo qua per non andare off topic.
    E' stato bello rileggerti!

    Enjoy,
    JJ

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  2. Lascerei stare l'azzardato parallelo politico, per il resto sono totalmente allineato con te. Non che sia una grande scoperta, avviene su molti temi, anche perchè spesso abbiamo avuto modo di parlarne insieme quando erano ancora solo delle impressioni, sfocate e poco definite.

    L'equilibrio fra rivoluzionari e conservatori, nell'IT/ITC italiano, è assente. I primi sono schiacciati dai secondi, al livello dell'esasperazione.

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