27 settembre 2010

Svuotato

Ci sono periodi in cui c'è un sacco da fare. Lavoro, lavoro, casa, cibo, sonno lavoro, lavoro, impegni vari, famiglia, sonno, cibo, lavoro. L'ho già scritto "lavoro"? Beh, anche quello.

A volte è entusiasmante, perché il lavoro, quello bello, anche quando è troppo, per un periodo non eccessivamente lungo può essere costruttivo, interessante, coinvolgente: uno strumento di crescita interiore. Ti stanca a livello tale da lasciarti senza energie, ma è un'assenza di energie positiva, come quando si è fisicamente stanchi dopo una bella gita, che ti ha spossato totalmente, ma in cambio ti ha lasciato addosso una nuova ricchezza di spirito.

Questa non è una di quelle volte.

Ci sono volte in cui il lavoro è travolgente e invadente, ti assorbe totalmente, senza stressare più di tanto, perché a volte è importante svuotarsi la testa di tutto per far spazio a una sola cosa, estranea a sé. Non hai più il tempo di fare nulla e questo ti dispiace, ma tanto sai che passerà e ti godi l'assenza di altre questioni (con qualche pezza per non fare andare a rotoli tutto il resto).

A volte è così, ma non questa.

Ci sono altre volte in cui il lavoro è annichilente, ti distrugge e ti calpesta a tal punto da lasciarti piatto, come un foglio di carta velina. Avresti mille cose da fare (o mille argomenti di cui scrivere), ma non ce la fai, perché non riesci più a mettere a fuoco. Non è una questione di tempo, non è una questione di energie, è che dentro hai solo un vortice nero e caotico in cui sai di non poter riuscire a mettere ordine.

Ecco, questa è una di quelle volte.

Speriamo che passi in fretta.

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