Dopo i fatti di Parigi tutti: dall'uomo della strada al sociologo professionista al politico al commentatore, tutti stanno esternando. Anche io quella stessa sera mi sono sentito di esternare dei pensieri e delle sensazioni, del resto...
Quello che ne esce è un mare magnum di ragionamenti politici lineari, dietrologie, paure, espressioni di pancia, contorti complottismi e chi più ne ha più ne metta.
Tutti dicono un po' di tutto e le voci si perdono nel caos, ed è proprio da questo caos che emergono delle tendenze, delle parole, dei concetti che fanno da aggregatori.
Ad attirare in particolare la mia attenzione è il concetto di estremismo, stigmatizzato come "il problema", o addirittura "il nemico".
"il problema non sono i musulmani, ma gli estremisti" è una delle frasi più ricorrenti, o ancora "non conta se musulmani, ebrei o cristiani, il vero nemico è l'estremismo".
In salsa diversa e con una punta di razzismo si sentono dire frasi tipo "non esistono musulmani moderati, sono tutti estremisti".
In chiave minore, perché si presta meno alle declinazioni e perché è un termine più complicato che "il popolino" mastica male, anche la parola "radicale" sta emergendo come sinonimo dotto di estremista.
Non molti anni fa Grillo, parlando delle prostitute presidenziali diceva qualcosa del tipo "escort niente, sono delle puttane" e proseguiva con l'acuta osservazione che la confusione del linguaggio porta alla confusione dei concetti.
Mi spingo oltre, senza bisogno di scomodare una citazione ad hoc di Chomsky che non ho voglia di cercare, nel dire che le alterazioni del linguaggio hanno una funzione di controllo.
Controllo di chi? La gente si autocontrolla? No, i post che vediamo su facebook o gli slogan ripetuti in televisione sono per lo più prodotti da pochi comunicatori e ripetuti o condivisi come mantra dalle masse.
Quello che mi arriva se tu condividi sulla tua bacheca un bel disegno che parla di "estremisti = male" non è il tuo pensiero è il pensiero di qualcuno che pensa a come rendere virale un concetto e attrarre pubblico, a voler essere buoni, o a rendere virale un pensiero che gli fa comodo, adesso o in futuro, a voler pensare male.
E come diceva Andreotti: "a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca".
Riappropriamoci delle parole per capire i concetti.
Chiedo aiuto alla sempre utilissima Treccani ed al dizionario del Corriere della sera
Radicale, 2° significato: Che concerne le radici, l’intima essenza di qualche cosa
Estremista: Chi assolutizza un concetto, una dottrina; in particolare in politica, chi ha una posizione favorevole a idee e misure estreme e radicali.
Bene, il quadro è completo.
Chi è il nemico? Gli estremisti. Chi sono gli estremisti? Quelli che non scendono a compromessi, quelli che non stanno "in centro".
In Italia chi c'è di "radicale"? La sinistra (oddio...c'è...diciamo che c'è stata, adesso io non so neppure più dove trovarla) e, visto il nome, i radicali (che anche loro, fra cambi di nome ed altre vicissitudini esistono ancora, anche se serve il microscopio per trovarli).
Chi si cerca di dire che non è più estremista, ma si è moderato? Lascio a ciascuno la sua risposta, tanto è stato il mantra alternato del potere degli ultimi 20 anni...e anche più.
Si è cominciato da tempo a dire che radicale ed estremista erano "il male", ora con opera mediatica intelligente si associano le parole a dei fatti eclatanti ed eccoci a dire che solo ciò che è moderato è bene!
Non sto dicendo che chi ha commesso gli attentati non sia estremista, ovviamente. Sto contestando il fatto che il problema sia il fatto che è estremista.
Allarghiamo la prospettiva. Chi fu estremista nella storia? Galileo, per esempio, con il suo sfidare l'ordine costituito. Washington, che ha guidato una guerra d'indipendenza, sicuramente non era un moderato.
Gandhi e Mandela si sono fatti anni di carcere e hanno subito repressioni per le loro idee, senza mai piegarle. Idee estreme, a detta del regime, e anche radicali.
Sostanzialmente non c'è rivoluzione, reale o figurata, politica o ideologica, senza estremismo. Nella storia politica forse la prima vera evoluzione che non sia passata per una "rivoluzione" pare essere l'unione europea, che infatti fatica a decollare, non per mancanza di progetto, ma perché per avvicinare poli distanti e cucirli assieme senza strappare la coperta ai bordi bisogna tirare molto molto piano. Sarebbe più funzionale strappare tutto e rifare, ma fortunatamente l'orrore di una guerra globale tiene lontane queste idee dall'Europa...per ora.
L'estremismo non è un male: è il sale dell'evoluzione. Certo comporta dei rischi, sicuramente è difficile da trattare e da gestire, ma un mondo senza estremismo è un mondo grigio e statico. Dal confronto degli estremi si genera energia.
Il mondo ha bisogno di un polo + e -, per generare la corrente che lo anima. Più ne crea, più è vivace, facendo attenzione a non far scoppiare tutto per un sovraccarico.
Dal confronto fra "boh, va bene anche così" e "sì, facciamo pure cosà, tanto non importa", non nasce nulla, ma a chi deve governare le masse fa comodo che l'estremismo sia eradicato alla base, perché la gente pronta al compromesso è meno difficoltosa da incanalare.
E quindi via alla campagna per cui estremismo = male, radicale = male, moderato = bene, il nemico = estremista, ecc...
Torniamo al punto di partenza: se non si chiama estremismo, come si chiama "il problema", come si etichetta "il nemico"? Una parola in italiano c'è, ma non la si usa mai in questi messaggi massificati. Questa parola è "Fanatismo"
Mi faccio aiutare dal dizionario del corriere, che dà una definizione molto calzante della parola
Fanatismo: adesione incondizionata a una fede o a un'ideologia fino ad annullare completamente la serenità e l'obiettività di giudizio del soggetto
E sottolineo fede o ideologia.
Ora venite a dirmi che è un caso che di centinaia (migliaia) di post che ho letto su facebook volti a dire quale sia il problema nessuno sa abbastanza italiano da trovare la parola giusta ed è solo un caso che tutti parlino solo di estremismo...
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