17 novembre 2015

The Lobster

SPOILER ALERT!! SPOILER ALERT!!!

per chi non sa l'inglese: VI ROVINO IL FILM!!



Non cliccate sul leggi altro se non volete anticipazioni e saltate alla recensione qui, se non sapete di cosa parlo. veramente, fidatevi...

E poi a scrivere la recensione è la McGranitt, che a scrivere spacca!!!



Se siete qui avete superato l'alert sopra, quindi iniziamo: ho visto The Lobster, per chi non sa cosa sia, il riassunto #inpocheparole è nel link sopra, cioè, lo ribadisco, qui: http://inpocheparole.com/the-lobster/.

Se non l'avete visto NON LEGGETE e fatevi un favore gigantesco: leggete la recensione e se vi interessa ANDATE A VEDERLO prima. Poi tornate pure qui e leggete il seguito :)



Il film parte in modo geniale. Ricorda uno degli universi allucinati di Dick, immerso in una fantascienza senza troppa scienza e ma molto fanta.

La parte bella è che continua meglio. C'è un crescendo di situazioni spettacolare e tutto funziona alla grande, a patto che vi piacciano le situazioni assurde ed il grottesco.

Come dice la recensione il mondo è distopico nel modo più classico possibile, ossia aderente a un realismo formale in cui alcune paranoie già iniettate nella società reale sono esasperate.


Dopo aver mostrato "il regime", cambio di punto di vista: "la resistenza", che si identifica con la seconda parte del film.

Il film continua a scorrere in modo affascinante, anche se...perde qualche colpo. Inizia la storia d'amore fra il protagonista e quella che sin dall'inizio è la voce narrante e che poi si scoprirà essere una delle resistenti.


Terza parte: si esce dai particolarsmi (la clinica, i ribelli nella foresta), si entra nella società.

Va bene, va bene, ci sta. Il film zoppica ancora di più perché man mano che lo scenario si allarga, le pennellate sono sempre più blande e il resto è lasciato all'immaginazione, guidata dagli elementi già condivisi, ma sono troppo pochi e il livello sociale risulta freddino e piatto.


E poi, quarta parte, che potrei chiamare la sintesi, in cui il protagonista e la sua nuova compagna si ribellano e da azione e reazione cercano di estrapolare, appunto, una sintesi.


Finale.
Titoli di coda.


Ecco, il tema è che in qualche punto fra la fine della seconda parte e la terza parte, cioè chiusa la descrizione della "rivolta" e prima di chiudere la descrizione sociale (come detto incompleta), il film inizia a girare su se stesso.

Uno degli elementi più interessanti dell'utopismo negativo è andare al nocciolo della perversione, sviscerarla e mostrare che, sotto l'apparenza c'è ancora più orrore, oppure allargare il punto di vista e mostrarne l'universalità.

In ogni caso portare l'incubo a compimento.

Non necessariamente in modo esplicito e didascalico, intendiamoci, ma proprio perché si immagina un mondo e dove si iniettano come virus le psicosi sociali che si vedono in nuce nella società in cui si vive,è interessante mostrare come l'infezione possa diventare profonda o diffusa.
Si va cioè al nocciolo del problema o alla sua degenerazione universale.

The Lobster ci illude di andare in entrambe le direzioni, ma poi clamorosamente le manca entrambe.

Ci porta alla società nella terza parte, ma ne mostra solo scampoli: dove ha la possibilità non approfondisce e usa solo qualche suggestione per mostrare che qualcosa, a livello superiore, non va (i poliziotti nel centro commerciale ne sono l'emblema).

La città, però, è completamente di plastica: non ci sono persone per le strade, non ci sono attività, ma non c'è neppure controllo o repressione o....beh, non c'è nulla (si non sono scemo, capisco anche io che si parla di una società chiusa in luoghi d'aggregazione artificiale, ma qui non c'entra nulla e invece che mettere altra carne al fuoco sarebbe il caso di cuocere quella che già c'è).

La profondità è promessa dalla storia d'amore, la quale però si arena su un particolare che viene spesso citato sin dalla prima parte e per me non è ben comprensibile: l'ossessione per avere qualcosa di identificabile in comune per poter costituire una coppia.

Perché? Qual è il pensiero dietro questa ossessione? Qual è la causa di questa regola assunta universalmente?

Non si capisce, non si dice, non si accenna neppure. La si dà per scontata.

Risultato: la profondità si perde al primo strato, dove c'è un assioma dogmatico assurdo senza ragione apparente.

Stiamo parlando di una ossessione del mondo moderno esasperata a dogma esistenziale? Io, sinceramente, non la vedo: intorno a me vedo un mondo felicemente meticcio da tutti i punti di vista. Sì, certo, ci si conosce spesso grazie a qualcosa in comune, ma ci si ama, a volte se non spesso, grazie a qualcosa di complementare.


Ricapitolando doppio fallimento: non si allarga alla società per mancanza descrittiva e non si va in profondità perché non si supera lo scoglio del dogma senza spiegazione.

Il film quindi non ci sbatte contro le nostre perversioni o le nostre paranoie, ma semplicemente racconta un mondo che da fantastico diventa semplicemente inspiegabile e il patto narrativo scricchiola, quasi spezzato.


Potrebbe restare una buona storia, ed in effetti sin quasi alla fine lo è.
Il finale però (spoiler alert, spoiler alert!!!) non mantiene le promesse: si chiude prima della scelta decisiva, lasciando sì il finale aperto alle fantasticherie dei singoli spettatori, ma ancora una volta fallendo sul piano comunicativo.
Quella scelta che il protagonista non fa, puzza di scorciatoia, perché non avrebbe affatto chiuso il finale, ma avrebbe obbligato il racconto a schierasi sul peso quell'inspiegabile dogma ha sul mondo, o almeno sull'universo interiore del protagonista.


Ovviamente questi fallimenti non sono dei motivi per dire che il film è brutto (e, chiariamoci, non lo è), ma sicuramente costituiscono dei problemi che canonicamente sono riservati ai film che non fanno del contenuto la loro forza, dove quindi hanno un peso minore.

Siccome qui a farla da padrone è sicuramente più la sostanza che non la forma, è fastidioso vedere che a conti fatti affascina più la forma della sostanza, che pur sorretta da una visionaria fantasia, risulta annodata sul paradosso in modo sterile.

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