19 ottobre 2013

Bestialità

C'è chi corre veloce come un cavallo, bisognoso di spazi aperti, e chi invece corre solo per scappare dai pericoli, come i conigli, altri invece sono lenti come lumache e si spostano lentamente, giusto senza lasciare la scia.

C'è chi con la mente vola in alto come un falco e chi striscia nel fango come un verme.
C'è chi parla come un serpente, con la lingua biforcuta e chi invece è muto come un pesce.

C'è chi tromba come un riccio, con il rischio di pungersi e chi invece è destinato a non farlo mai, come le stelle marine.

Chi non pensa mai a quello che fa e quando lo fa non ci arriva è un asino, se invece ci arriva così bene da avvantaggiarsene è una volpe.
Chi ci dorme su, senza preoccuparsene, è un ghiro, e chi scorbuticamente si fa i fatti suoi sembra un orso, protetto dal manto e dai lunghi artigli.

Se hai il coraggio di affrontare questa vita di petto forse sei un leone, se invece non te la senti è il caso che inizi a correre, veloce come una gazzella, oppure via, con un salto cambi ramo come uno scoiattolo che sfida la gravità*.
Se poi ne sei convinto puoi viverla al massimo, sino a farti bruciare, ma solo se sai di poter rinascere dalle tue ceneri come una fenice.

Se la vita non ti sorride puoi fare come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia (ma ricordati che il culo resta fuori), o accartocciarti su te stesso, come un fenicottero. Oppure puoi evitare che ti guardi, camuffandoti da camaleonte.

C'è chi avalza a grandi salti, come un canguro, ma c'è anche chi va indietro come i gamberi, ma se ti rifiuti di andare avanti o indietro puoi scegliere di cambiare prospettiva camminando lateralmente, come i granchi.
Chi la prospettiva non la può cambiare forse è cieco come una talpa, al contrario c'è chi vede tutto dalla distanza con gli occhi da lince o chi fiuta i problemi da lontano, come i segugi.

C'è chi resta immobile e non sembra vivo, come un opossum** e chi si agita come morso da una tarantola, corre veloce come un leopardo e chi si muove lento e sonnolento come un bradipo.

Io sono come uno squalo, se smetto di nuotare muoio soffocato.







* Chi ha detto che è un plagio della spada nella roccia?!?!
** grazie guiduccio per il riferimento involontario ;)
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18 ottobre 2013

Cazzeggio politico

Un'amica mi ha passato il link a Political Compass.
Nulla di nuovo, per intenderci...la solita sfilza di domande di carattere generale che vanno da "è giusto ammazzare i negri perché la notte al buio non si vedono, quindi sono pericolosi per il traffico" a "se tua figlia di 16 anni si compra la casa scopandosi un politico 70enne ti ha fatto risparmiare un sacco di soldi e quindi ha fatto bene". Sì, c'è anche la sezione sul sesso, ma no, non si cita mai Berlusconi.

Per ciascuna affermazione bisogna dire quanto si è d'accordo e alla fine viene fuori un posizionamento su un grafico che dice quanto sei di sinistra o di destra, economicamente e politicamente (collettivista/neo liberista e autoritario/anarchico, per usare i loro termini).

beh, io sono qui:


credo che si legga "nettamente a sinistra, con dei distinguo e fate un po' quel cazzo che vi pare, senza esagerare e possibilmente senza rompere troppo i coglioni".

Nulla di stupefacente su questo fronte. Sono di sinistra e lo so, sono favorevole a sostanzialmente qualunque cosa fra adulti consenzienti in qualunque contesto (che non significa affatto che sarei felice se una delle mie figlie, una volta maggiorenne andasse a dare il culo a quello che allora sarà un quasi 90enne con la pompetta per farsi comprare una casa, ma sono anche un po' scelte sue), ma con un forte senso della collettività, che prevale su quello dell'individuo.

detto questo mi fa sorridere che a fine test venga mostrato un grafico contenente vari politici e il loro posizionamento.
Il grafico è questo:


Mi va di menarmela un attimo con tutti quei cazzari che inneggiavano a Obama come leader progressista e salvatore delle idee di una nuova sinistra moderata nel mondo, facendo notare che è sostanzialmente un fascista. Ora, non che non si vedesse, né che ci si potesse aspettare chissà quale analisi della sua figura politica da persone che lo reputano meglio o peggio solo per il fatto di essere "bello abbronzato", come se questo fosse un pregio o un difetto e non un dato di nascita, però...
Magra consolazione constatare che Mitt Romney è ancora più fascista di Obama...del resto al peggio non c'è mai fine!!

Come nota di colore Monti è meno autoritario, ma più a destra economicamente di entrambi...

Nel grafico si vede bene come i principali leader politici siano tutti autoritari, ma del resto..chi arriva a guidare una nazione senza credere nello stato e nel rispetto delle sue leggi?
Cioè...intendo ad esclusione di Berlusconi...


Ammetto che mi turba che quello più vicino a me sia il Dalai Lama, ma mi ci posso anche abituare. Meglio lui di Benedetto XVI



PS: Sarei molto felice di vedere i vostri grafici nei commenti
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10 ottobre 2013

Una passeggiata d'amore

Camminiamo spediti, lei è al mio fianco.
Un passo dopo l'altro. Teste alte. Il paesaggio è emozionante, il percorso gradevole.
Andiamo di qua. La seguo.
Guarda! Andiamo di là. Mi segue.
Percorsi, svolte, salite.
Una salita impervia. Ci aiutiamo vicendevolmente.
Lo spazio è ampio, ma lo viviamo come un dedalo: una curva, poi dritto, poi altre curve. Camminiamo.
Scorgo un bello spiazzo. Andiamoci. Dritti insieme, di corsa, ridendo.
Sono stanca. Rallentiamo.
Raggiungiamo lo spiazzo, ci fermiamo un attimo, contempliamo il panorama per qualche minuto e poi via: di nuovo avanti.
Il percorso continua, lo affrontiamo con energia.
Ancora avanti.
Sono stanca.
Dai, ancora uno sforzo.
Inizia a fare freddo e mi tiro in testa il cappuccio della felpa. Non la vedo, ma è al mio fianco.
Andiamo, dai! E andiamo.
Sono stanca, fermiamoci.
Ci fermiamo su una panchina. Comoda, accogliente, con un bel panorama. Ci riposiamo. Ammiriamo il mondo attorno, che ci sorride, mentre riprendiamo fiato.
Ripartiamo? 
Come? credevo ci fermassimo qui, sino a sera! Stavo già tirando fuori la cena...
Io, però non ho fame e non ho voglia di fermarmi, perché il sole è ancora alto e ci sono mille altre cose da vedere, mille altre cose da fare.
Credevo fosse solo una pausa per riposarci, non la meta dove fermarci. Credevo lo sapesse.
Dai, vieni...e riparto.
Lei non mi segue, ma con il cappuccio ancora alzato non me ne accorgo e vado avanti.
Sento vibrare nella tasca, tiro fuori il telefono.
Un messaggio. Ma dove sei andato?! Io sono rimasta qui. Torna indietro.
Rifletto un attimo.
Rispondo. Mi dispiace, ma sono troppo avanti, qui è molto bello e non mi pare il caso di tornare indietro.
Un nuovo messaggio: Allora aspettami.
Non posso, ho fatto troppa strada, ora che mi raggiunge sarebbe già sera e non ci sarebbe tempo per proseguire.

Ho fatto troppa strada ormai, qui è bello, ma non posso più aspettarti. Fai il tuo percorso, se vuoi vieni di qua, ma io proseguo...
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9 ottobre 2013

Di razzismo e del superamento di sé

Secondo me dovrebbero mettere una rete a metà del mondo.

Perchè? Chiedo con una mezza risata, aspettandomi una battuta bizzarra.

Per dividerlo. Così chi è di là non può venire in Italia.

Shock.
A parlare è la mia piccola principessa, Sofia, 5 anni e mezzo...quasi 6. Prima elementare.
Mettiamo in ordine le idee: mondo, Italia, rete, venire qui...troppo difficile per lei.

Tesoro, dove hai sentito questa idea?
Da nessuna parte l'ho pensata io.
:(
Oh Cazzo, penso.

Ma con chi ne hai parlato prima di me?
Con nessuno, papo.
Cazzo di nuovo.
Penso.

Ok....proviamo a circoscrivere: Perché lo pensi?
Perché in classe mia c'è una bambina che non è dell'Italia. Parla poco l'italiano e la mastra le ripete le cose un miliardo di volte, ma lei non capisce.
Cazzo a ripetizione. La scuola. La compagna. Cazzo.

Da qui parte un discorso lungo e il mio spiegarle che le persone non scelgono dove e da chi nascere, quindi non ne hanno colpa nè merito, non vanno giudicate per questo, come per il loro aspetto. Che loro sanno l'italiano perché papà e mamma parlano italiano, chi viene qui con genitori che non lo parlano deve impararlo, e se si impegna per farlo, bisogna aiutarlo: sta facendo più fatica di tutti e merita quindi l'aiuto collettivo per il suo impegno e per la sua situazione. Che le persone vanno giudicate per le loro azioni, per quello che scelgono e per il loro impegno nell'attuare le loro scelte, ecc...

Ora il tema è: i concetti espressi sono troppo complessi per lei che non ha neppure capito bene cosa sia l'Italia e il mondo. A scuola hanno parlato della recente tragedia a Lampedusa e sicuramente il tema della "gente che viene in Italia" è uscito. Forse anche l'idea della rete...delle persone ripescate come fossero tonni, potrebbe essere uscita, in qualche malaugurata analogia. Come si formino le associazioni nella mente di un bambino è spesso complesso, mentre altre volte è così semplice che nessun adulto riuscirebbe mai ad arrivarci.
La compagna che parla male l'Italiano non può essere che uscito a scuola, come discorso. Da chi? Un compagno che ha ripetuto a pappagallo la frase di un fratello/genitore idiota? Un bambino più grande nell'intervallo? La maestra*?!?!? Sono mille le possibili fonti e forse lei stessa ci ha messo del suo....
Preferisco non pensare male e non farmi preconcetti, ma approfondire.

Nella mia mente, a freddo, si insinua un pensiero, un collegamento. I vestiti nuovi dell'Imperatore. Sì proprio la fiaba di Andersen.
Gli adulti adottano una serie di schermature "sociali" fra il pensiero e la parola**. I bambini, per fortuna, no.
Sofia potrebbe aver espresso un ancestrale fastidio per il diverso, una voglia di poter primeggiare.
Potrebbe aver espresso una parte istintuale e innata.

Potrebbe aver detto quello che molti pensano ma non osano dire. Addirittura quello che molti pensano senza il coraggio di ammetterlo con se stessi o senza neppure saperlo (caso vuole che solo due giorni fa scherzassi sul fatto che la maggior parte delle persone non ha idea di chi sia e non si conosce per nulla).

Potrebbe cioè aver gridato "il Re è nudo", quando i grandi lo hanno pensato senza dirlo.

Sinceramente non lo credo: ha detto una frase troppo difficile perché sia sua e troppo poco immediata perché sia spontanea, però....
Anche se fosse così, mi viene da dire, la perdita di spontaneità è veramente una perdita, ma l'evoluzione dal pensiero animale, il soggiogamento cioè di alcuni istinti naturali alla mente razionale e ad obiettivi più a lungo termine della mera sopravvivenza a cui l'istinto ci guida, non lo è.
Se anche il razzismo fosse innato*** (nell'uomo o anche solo in alcuni uomini), sorpassarlo è una parte del diventare grandi e del capire che il mondo si può vedere da mille prospettive differenti: il razzismo è solo l'incapacità di cambiare prospettiva e la paura di farlo (che poi è fonte, più in generale, della paura del diverso).

L'istinto va forgiato dalla mente, sin quando alcune cose che riteniamo (razionalmente e non in modo innato) fondanti non si vanno a incastonare nella nostra anima così in profondità da diventare parte integrante dell'istinto stesso, con cui prima cozzavano.
Possiamo modificarci nel profondo, lavorando su noi stessi. Bisogna sapere di potere, ma anche volerlo fare. E avere molta, molta pazienza.
Compito mio, in qualità di padre, è fornirle il contesto culturale in cui crescere e un appiglio per ogni idea, uno specchio in cui riflettersi quando ne ha bisogno e uno stimolo per ragionare su tutto, se non anche un aiuto per evolvere che vada al di là della sola educazione. Questo è il ruolo della famiglia, a cui è necessario che si affianchi la scuola, altrimenti l'impianto educativo è debole. Inesorabilmente. Come lo è quando la scuola non è supportata dalla famiglia.
Compito ancora più difficile è fare tutto questo aiutandola senza indirizzarla in modo coercitivo....

Sorpassare una lacuna grave come la discriminazione razziale con un solo processo intellettuale, non è sufficiente. Sin quando il superamento non è totale resta sempre lo sguardo sbagliato, la diffidenza intrinseca, il senso di paura e di superiorità.
L'istinto è importante e la nostra parte animale è fondamentale, a mio modo di vedere, ma a volte, crescendo, è indispensabile passare per un processo di ristrutturazione, nel puro spirito del destroy, erase, improve.

...che poi un problema nel sistema scolastico ci possa veramente essere, non è il tema. Ma oltre che vedere il problema bisogna trovare una soluzione soddisfacente e costruttiva.

Il Re è nudo, negarlo può essere stupido, ma invece che deriderlo varrebbe la pena di rivestirlo.



* Solo questo weekend mi ha detto che lei è nata a Milano perchè l'ha voluto Gesù. Allora le ho detto di no, che era nata a Milano perchè papà e mamma vivono qui. Questa frase che collego solo ora mentre scrivo, mi fa rabbrividire nuovamente. L'idea che un dio scelga dove si nasce è facilmente associabile all'idea che Dio di abbia messo lì per un motivo e tu lì debba stare. Idea non dissimile alla concezione delle caste per gli indù, come premio/punizione delle azioni delle vite precedenti e quindi giustificazione divina dei soprusi di alcuni su altri.
**Qualcuno dice che io ne dovrei usare di più...ma questo è un tema che affronterò presto...e sviante.
*** Non credo che lo sia in quanto tale, ma credo che la paura dell'ignoto lo sia. Da qui il passaggio per un certo razzismo (quello in realtà culturale, che solo casualmente corrisponde macroscopicamente a una differenza razziale vera e propria) è facile. Più difficile capire il razzismo propriamente detto, in una società che inzia, finalmente, ad essere mescolata, sebbene non ancora integrata.





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8 ottobre 2013

Rush

Sono andato a vedere Rush, per chi non lo sapesse è un film di Ron Howard che parla della vita di Niki Lauda e della sua rivalità con James Hunt, concentrandosi sul periodo '70-'76.
Io nel '76 sono nato, quindi per me è tutto solo ricordo dalle parole di mio padre, e anche vago.
La premessa essenziale è che a me di auto e motori, non è MAI interessato nulla. Sì, ricordo che da bambino mio padre voleva che guardassi la partenza del gran premio, ma...già da ragazzo lo trovavo un inutile spreco si tempo.
Perché andare a vedere Rush, allora?
Boh, ho seguito i giudizi di pubblico e critica che, in modo abbastanza uniforme ne hanno parlato molto bene.

Stupore. Il film è una figata. La fotografia è bellissima, il montaggio esaltante all'inverosimile, l'alternarsi delle sequenze e il senso del tempo che scorre è coinvolgente come da tanto tempo non mi capitava di vedere al cinema.
Poco conta se alcuni (molti?) dialoghi sono deboli: sono così ben inseriti nel contesto che filano come delle meraviglie; poco conta che se del contesto non interessa nulla (come a me), è descritto in modo così leggero e contemporaneamente dettagliato che risulta ben definito anche per un non appassionato, senza essere pesante.
Alcune scene di corsa mi hanno ricordato in gigante la sensazione d'instabilità che ho provato nella mia unica esperienza su un go-kart e mi ha fatto immaginare come potesse essere effettivamente essere dentro a quelle casse da morto con le ruote (sì, si dice all'inizio del film che all'epoca morivano in media 2 piloti su 25 all'anno...e sti cazzi!).

Certo, forse c'è un po' di effetto boomerang: renderlo così accessibile a tutti potrebbe indebolirne l'appeal per chi quel mondo lo conosce e lo frequenta, magari ricordando anche l'epoca dei fatti...ma considerando che si parla di fatti di 40 anni fa circa, probabilmente la prospettiva riesce a restare fresca e interessante anche per loro. O almeno, non ho letto critiche da quel punto di vista. E poi si tratta pur sempre di cinema generalista, più di così è davvero difficile chiedere!

Sotto la copertina brillante forse c'è poco, l'eterna contrapposizione della cicala e della formica declinata in versione automobilistica. Disciplina contro sregolatezza, mente contro pancia. Dualismi tratteggiati sullo sfondo, che lì rimangono, piacevoli quanto poco necessari. Forse la parte più interessante resta la stima profonda nascosta sotto l'aperta rivalità. Nulla di nuovo comunque. Questo non è un film per esplorare l'anima umana (su quel fronte, fra i film che ho visto recentemente, a sbaragliare è sicuramente Vita di Pi, che dà molto spunti di riflessione ed è notevole anche Noi siamo infinito).

Una gioia per gli occhi, una carica di energia. Nulla più.
Niente meno.
Bellissimo.
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7 ottobre 2013

Specchi

Se vado sott'acqua non respiro e dopo un po' muoio.
Se lo fai tu...anche (ammesso che tu non sia il primo pesce che legge il mio blog).
Questo lo so: so che questa mia caratteristica è condivisa dalle altre persone.

Se mi prendi a pugni mi fai male.
Se ti prendono a pugni, ti faccio male. Spesso. Ci sono dei masochisti che apprezzano il dolore.
Questo lo so: so che questa mia caratteristica (il provare dolore per delle percosse) è comune fra le persone. Abbastanza comune da poterla dare per scontata, non senza qualche probabilità d'errore.

Spostandomi dal mondo "fisico" a quello interiore so che esiste la paura del diverso e che, in misura differente, ne siamo tutti soggetti. Dove tutti è ovviamente una generalizzazione.
Esiste la paura della solitudine. Esiste la paura della privazione. Esiste la ricerca della felicità.

Abbiamo tanti tratti comuni.
Ma non tutti, solo la maggioranza di noi. Una maggioranza abbastanza diffusa da poterla considerare, statisticamente, la totalità. Una maggioranza, oltretutto, marginalmente diversa per ciascun singolo tratto.

Non tutto è così. Abbiamo fedi diverse, orientamenti politici diversi, molti valori di base diversi.
Abbiamo anche processi interiori diversi. Forse proprio su questi casca l'asino.

Il problema è che mentre il mondo esteriore lo esploriamo anche nostro malgrado (vediamo cioè che tutti gli uomini non hanno le branchie e sott'acqua tendono a soffocare), quello interiore è opaco.
Il nostro lo conosciamo (ecco, già questa è una generalizzazione grossa...diciamo che chi si esplora lo conosce, i più non hanno nessuna idea di chi siano, né hanno mai raccolto alcun indizio che lo suggerisca), l'altrui meno.
C'è la questione dell'esplorarlo senza che il "proprietario" ci inviti ad entrare, che è sia difficile che a volte pericoloso (a me piace un sacco farlo...), come la questione della fiducia quando invece ci viene raccontato dal diretto interessato (dove si ferma il racconto? Quante omissioni? Quante mezze verità o complete bugie?).

Mancando la conoscenza diretta, la riprova statistica e addirittura la possibilità di aperto confronto, riflettiamo.
Non nel senso che "pensiamo", ma proprio nel senso che proiettiamo sugli altri il riflesso del nostro "io", dando per scontato che l'altro di fronte a noi abbia delle caratteristiche simili e soprattutto dei processi interiori simili. Gli altri fanno così con noi e diventiamo specchi dell'io altrui, per ciascuno diverso: riflettiamo un'immagine per ciascun osservatore, l'immagine dell'osservatore stesso.
Questo ci porta a non vedere chi abbiamo di fronte, ma la nostra immagine specchiata che maschera l'interlocutore. Crediamo di capire prima di avere osservato, perché proiettiamo il nostro pensiero sugli altri e li consideriamo nostre immagini speculari.
Sempre con un po' di buon senso, certo: evitiamo di rifletterci in persone palesemente diverse. Ma non tanto buon senso, in fin dei conti: diamo per scontate cose che non lo sono affatto, e lo facciamo sistematicamente.
A volte poi consideriamo diverse persone che lo sono solo esteriormente, ma ci sono molto simili interiormente...ma questo è un altro discorso, che sfocia in altri mille discorsi (non ultimo il razzismo), che non è il caso di trattare qui.

Io sono, di natura, molto portato all'introspezione e, come scrivevo sopra, molto propenso a non farmi i cazzi miei, a guardare dietro la maschera delle persone, a scrutarne le idee e i processi mentali che portano dalla loro parte dogmatica alle idee concrete.
Questo non mi esime dal "riflettere", riduce solo drasticamente la base di elementi che do erroneamente per scontati. Il rovescio della medaglia è che scruto in angoli più nascosti, mi avvicino spesso ai miei limiti, dove ho le stesse probabilità d'errore di tutti.

Il pericolo maggiore, credo, è quello di scrutare attentamente se stessi e dimenticarsi di farlo con gli altri. Si arriva così a una profonda conoscenza di sé e congiuntamente alla totale ignoranza degli altri, fatto che paradossalmente limita molto l'autocoscienza, perché solo inserendoci in un contesto e capendo il limiti intrinsechi da esso stabiliti possiamo correttamente leggere il nostro io.
Risultato: il mondo diventa apparentemente uno specchio del nostro ego, ma in realtà ci è totalmente precluso, dagli specchi che noi stessi ci siamo messi attorno.

Paradossalmente proprio in un'epoca basata sull'immagine bisogna imparare ad osservare veramente e dare meno per scontate le persone. Soprattutto quelle speciali.

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3 ottobre 2013

IVA, tasse e altre quisquilie

Va bene è aumentata l'IVA, l'impatto è evidente: tutto costa di più.
Premetto che non ho nessuna competenza specifica in materia economica, quindi faccio i ragionamenti da persona di strada istruita che lasciano il tempo che trovano, pieni come sono di facilonerie e strafalcioni teorici.

L'IVA è una imposta che pesa sul consumo in modo non progressivo. Questo la rende una tassa profondamente differente dall'IRPEF che ha una sua progressività.
Più consumi più paghi le tasse (l'IRPEF appunto, ma anche l'INPS). Se guadagni il doppio probabilmente paghi più del doppio di tasse, grazie a questa progressività.
L'IVA no: se consumi il doppio ne paghi il doppio. Questo sia che il consumo sia necessario (vestirsi), sia che sia un di più (comprarsi la nuova playstation)
Se sei da solo paghi l'IVA sui tuoi vestiti, se hai 2 figli, la paghi anche sui loro, e triplica quanto dai allo stato.
C'è un pezzo di iniquità abbastanza evidente, ma anche ragionevole.

Vista da un altro punto di vista io ho la partita IVA dal 2004 e come anello iniziale o centrale della catena, dell'IVA mi frega molto poco. Soldi che entrano e che giro allo stato, tranne qualche spesa o qualche fornitore (peraltro molto raro). Ma non intaccano nulla: i prezzi si concordano IVA esclusa, quindi...sono trasparenti, per me come lavoratore.
Se la aumentano anche chissenefrega. Lo vedo solo di riflesso se l'economia rallenta, ma...discorso infinito.

Vista ancora da un altro punto di vista, se vedo merce fatta in Italia, in Cina o in Germania, l'IVA quella è, e lo stato quello incassa. Non si alza il prezzo del lavoro in italia e non si squalifica, ancora una volta, la competitività italiana.
Da questo punto di vista, se avessero anche il coraggio di abbassare un pelo l'IRPEF, di una quota tale da fare la manovra a pareggio (invece del bancomat delle accise, come lo chiama la destra italiano, Capezzone in testa, con un ragionamento "se non del tutto giusto, quasi nulla sbagliato"), forse otterremmo quella famosa piccola spinta al rilancio della nostra economia che tutti si attendevano.

Invece aumentare tanto per aumentare...a chi giova? Nel medio neppure a chi incassa, temo. Il ragionamento secondo cui più sono alte le tasse più si evade è moralmente fastidioso, ma umanamente comprensibile.

Sono ragionamenti da dilettante, anzi, da inesperto. Probabilmente ci sono mille altri fattori da considerare che io non vedo. Mi resta da pensare che, nel mio piccolo, se mi lasciassero X euro in più in tasca, per qualcosa li userei, pagandoci l'IVA e quindi restituendoli allo stato, ma movimentando un po' di più il mercato.
Senza dimenticare che i beni necessari, di prima utilità, non sono toccati da questo aumento.



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2 ottobre 2013

Elogio della sconfitta

Non si può mica sempre vincere, è fisiologico. Vincere sempre diventerebbe uno standard, per cui sarebbe indispensabile stravincere per sentirsi vincitori. Che vita sarebbe?!?
A volte si perde.
Però si può perdere in molti modi, mica sono tutti uguali. Una disfatta è una catastrofe, una sconfitta fa parte della vita. Anzi, è un momento di crescita. 
Sì perchè accettare una sconfitta significa prendere coscienza dei propri limiti, imparare ad accettare le avversità della vita. Accettarela significa capirla e, siccome in ogni sconfitta è contenuto implicitamente un nostro errore, significa capire cosa abbiamo sbagliato.
Se sono stato sconfitto, quasi sempre significa che qualcosa avrei potuto farlo meglio. Non è sempre così, però quasi. 
Io mi accetto, nella mia non perfezione, che sia chiaro! 
Mi accetto anche se non volo alto come farei se avessi vinto. 
Io accetto la mia sconfitta e grazie a questa sono più consapevole di me di chi ha vinto! Moralmente sono più vincitore io con la mia dignità di chi ha gli allori della vittoria!
Assaggio quel sapore amaro che mi insegna ad apprezzare maggiormente il dolce sapore della vittoria e mi sprona a non essere sconfitto di nuovo.
Certo avrei potuto lottare di più. Qualcuno pensa che ammettere la sconfitta sia da vigliacchi, ma non è così! Ve lo garantisco!!
Solo uno stolto non accetterebbe la sconfitta quando ormai si è palesata. Continuare a combattere in quelle condizioni significa andare contro alla disfatta e, come dice la parola, dopo una disfatta ci sono i pezzi da rimettere insieme. 
E sono tutti nel fango, non è che lo si può fare in un bel prato fiorito. 
Non è mai così!

Accettare la sconfitta, quindi, è anche un gesto di saggezza. Una prova.
Io so quando accettarla.
E chi vince sempre lo saprebbe fare? Perchè non me lo dimostra?
Io invece lo dimostro. 
Se non avessi subito la sconfitta, non avrei potuto dar prova della mia saggezza! Mi elogiavano tutti per la mia furbizia, mentre andesso non potranno non riconoscerla!! 
Sono stato fortunato a perdere, non poteva andarmi meglio: ora tutti sanno di che pasta sono fatto! La mia saggezza e la mia caratura morale sono davanti agli occhi di tutti, innegabili!

Così pensava la Volpe, dopo che i suoi balzi non erano bastati a cogliere il grappolo d'uva, ma di questi pensieri le uscì solo una frase: "Pazienza, non è ancora matura, non mi va di spendere troppe energie per un frutto ancora acerbo". Che divenne celebre, svilendo così un acuto ragionamento...

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