Perchè? Chiedo con una mezza risata, aspettandomi una battuta bizzarra.
Per dividerlo. Così chi è di là non può venire in Italia.
Shock.
A parlare è la mia piccola principessa, Sofia, 5 anni e mezzo...quasi 6. Prima elementare.
Mettiamo in ordine le idee: mondo, Italia, rete, venire qui...troppo difficile per lei.
Tesoro, dove hai sentito questa idea?
Da nessuna parte l'ho pensata io.
:(
Oh Cazzo, penso.
Ma con chi ne hai parlato prima di me?
Con nessuno, papo.
Cazzo di nuovo.
Penso.
Ok....proviamo a circoscrivere: Perché lo pensi?
Perché in classe mia c'è una bambina che non è dell'Italia. Parla poco l'italiano e la mastra le ripete le cose un miliardo di volte, ma lei non capisce.
Cazzo a ripetizione. La scuola. La compagna. Cazzo.
Da qui parte un discorso lungo e il mio spiegarle che le persone non scelgono dove e da chi nascere, quindi non ne hanno colpa nè merito, non vanno giudicate per questo, come per il loro aspetto. Che loro sanno l'italiano perché papà e mamma parlano italiano, chi viene qui con genitori che non lo parlano deve impararlo, e se si impegna per farlo, bisogna aiutarlo: sta facendo più fatica di tutti e merita quindi l'aiuto collettivo per il suo impegno e per la sua situazione. Che le persone vanno giudicate per le loro azioni, per quello che scelgono e per il loro impegno nell'attuare le loro scelte, ecc...
Ora il tema è: i concetti espressi sono troppo complessi per lei che non ha neppure capito bene cosa sia l'Italia e il mondo. A scuola hanno parlato della recente tragedia a Lampedusa e sicuramente il tema della "gente che viene in Italia" è uscito. Forse anche l'idea della rete...delle persone ripescate come fossero tonni, potrebbe essere uscita, in qualche malaugurata analogia. Come si formino le associazioni nella mente di un bambino è spesso complesso, mentre altre volte è così semplice che nessun adulto riuscirebbe mai ad arrivarci.
La compagna che parla male l'Italiano non può essere che uscito a scuola, come discorso. Da chi? Un compagno che ha ripetuto a pappagallo la frase di un fratello/genitore idiota? Un bambino più grande nell'intervallo? La maestra*?!?!? Sono mille le possibili fonti e forse lei stessa ci ha messo del suo....
Preferisco non pensare male e non farmi preconcetti, ma approfondire.
Nella mia mente, a freddo, si insinua un pensiero, un collegamento. I vestiti nuovi dell'Imperatore. Sì proprio la fiaba di Andersen.
Gli adulti adottano una serie di schermature "sociali" fra il pensiero e la parola**. I bambini, per fortuna, no.
Sofia potrebbe aver espresso un ancestrale fastidio per il diverso, una voglia di poter primeggiare.
Potrebbe aver espresso una parte istintuale e innata.
Potrebbe aver detto quello che molti pensano ma non osano dire. Addirittura quello che molti pensano senza il coraggio di ammetterlo con se stessi o senza neppure saperlo (caso vuole che solo due giorni fa scherzassi sul fatto che la maggior parte delle persone non ha idea di chi sia e non si conosce per nulla).
Potrebbe cioè aver gridato "il Re è nudo", quando i grandi lo hanno pensato senza dirlo.
Sinceramente non lo credo: ha detto una frase troppo difficile perché sia sua e troppo poco immediata perché sia spontanea, però....
Anche se fosse così, mi viene da dire, la perdita di spontaneità è veramente una perdita, ma l'evoluzione dal pensiero animale, il soggiogamento cioè di alcuni istinti naturali alla mente razionale e ad obiettivi più a lungo termine della mera sopravvivenza a cui l'istinto ci guida, non lo è.
Se anche il razzismo fosse innato*** (nell'uomo o anche solo in alcuni uomini), sorpassarlo è una parte del diventare grandi e del capire che il mondo si può vedere da mille prospettive differenti: il razzismo è solo l'incapacità di cambiare prospettiva e la paura di farlo (che poi è fonte, più in generale, della paura del diverso).
L'istinto va forgiato dalla mente, sin quando alcune cose che riteniamo (razionalmente e non in modo innato) fondanti non si vanno a incastonare nella nostra anima così in profondità da diventare parte integrante dell'istinto stesso, con cui prima cozzavano.
Possiamo modificarci nel profondo, lavorando su noi stessi. Bisogna sapere di potere, ma anche volerlo fare. E avere molta, molta pazienza.
Compito mio, in qualità di padre, è fornirle il contesto culturale in cui crescere e un appiglio per ogni idea, uno specchio in cui riflettersi quando ne ha bisogno e uno stimolo per ragionare su tutto, se non anche un aiuto per evolvere che vada al di là della sola educazione. Questo è il ruolo della famiglia, a cui è necessario che si affianchi la scuola, altrimenti l'impianto educativo è debole. Inesorabilmente. Come lo è quando la scuola non è supportata dalla famiglia.
Compito ancora più difficile è fare tutto questo aiutandola senza indirizzarla in modo coercitivo....
Sorpassare una lacuna grave come la discriminazione razziale con un solo processo intellettuale, non è sufficiente. Sin quando il superamento non è totale resta sempre lo sguardo sbagliato, la diffidenza intrinseca, il senso di paura e di superiorità.
L'istinto è importante e la nostra parte animale è fondamentale, a mio modo di vedere, ma a volte, crescendo, è indispensabile passare per un processo di ristrutturazione, nel puro spirito del destroy, erase, improve.
...che poi un problema nel sistema scolastico ci possa veramente essere, non è il tema. Ma oltre che vedere il problema bisogna trovare una soluzione soddisfacente e costruttiva.
* Solo questo weekend mi ha detto che lei è nata a Milano perchè l'ha voluto Gesù. Allora le ho detto di no, che era nata a Milano perchè papà e mamma vivono qui. Questa frase che collego solo ora mentre scrivo, mi fa rabbrividire nuovamente. L'idea che un dio scelga dove si nasce è facilmente associabile all'idea che Dio di abbia messo lì per un motivo e tu lì debba stare. Idea non dissimile alla concezione delle caste per gli indù, come premio/punizione delle azioni delle vite precedenti e quindi giustificazione divina dei soprusi di alcuni su altri.
**Qualcuno dice che io ne dovrei usare di più...ma questo è un tema che affronterò presto...e sviante.
*** Non credo che lo sia in quanto tale, ma credo che la paura dell'ignoto lo sia. Da qui il passaggio per un certo razzismo (quello in realtà culturale, che solo casualmente corrisponde macroscopicamente a una differenza razziale vera e propria) è facile. Più difficile capire il razzismo propriamente detto, in una società che inzia, finalmente, ad essere mescolata, sebbene non ancora integrata.
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